Nuove piattaforme di messaggistica e marketplace solo su app: di cosa si tratta e perchè il fenomeno è così importante

Internet “si fa piccolo”: è possibile un’affermazione di questo genere per un sistema nato ai fini della maggiore condivisione possibile?

27 dicembre 2022

Internet “si fa piccolo”: è possibile un’affermazione di questo genere per un sistema nato ai fini della maggiore condivisione possibile?

In realtà, il punto è che è in atto una competizione serrata tra le piattaforme per aggiudicarsi il maggior numero di utenti attivi e per stimolarli ad intrattenersi ed a fare acquisti nel sistema; da qualche tempo, complice il legame con i sistemi di pagamento proprietari o con le criptovalute, si assiste ad una evoluzione verso “sistemi chiusi”, nel senso di una maggiore attenzione a fidelizzare i propri utenti. Tra le esperienze in corso, l’evoluzione delle app di messaggistica verso un modello multi-funzione che sfocia nel marketplace e nelle funzioni social, fino al metaverso.

Le piattaforme di messaggistica evolvono nel tempo: i casi Whatsapp Business e WeChat

Le app di messaggistica sono nate con l’obiettivo di interconnettere gruppi ristretti di persone/aziende e permettere loro la condivisione di messaggi di testo, immagini, file audio e filmati. In realtà, il valore aggiunto è dato proprio dalla interconnessione e dalla possibilità di creare flussi di comunicazione realmente personalizzati, anche tra brand ed utente nel caso delle versioni business: lo sanno bene le aziende che hanno iniziato a gestire un account quale punto vendita sulle piattaforme, ed hanno così creato un nuovo canale retail (a corredo degli shop esistenti oppure quale canale totalmente nuovo, ad esempio per esportare in nuovi mercati) ed hanno potenziato le vendite grazie a quello che potremmo definire human touch che, ad esempio, non è possibile sui marketplace di grandi dimensioni (per utenti unici); lo human touch è dato proprio dal contatto con personale di vendita che interagisce e risponde a quelle domande che di solito affievoliscono la volontà di acquisto e che determinano l’abbandono del carrello online (da mi starà bene? a ma come starà davvero in salotto? a mh, e se poi l’assistenza non funziona? e così via). Insomma, le app si sono rivelate una leva importante per superare dubbi che solitamente online rimangono solo nella testa dell’utente, e per aumentare il valore delle vendite ed il valore medio del carrello.

Le aziende del retail negli ultimi anni stanno formando il personale dei punti di vendita a vendere attraverso gli strumenti di contatto con i clienti “oltre il negozio”: questo include anche il telefono e la corretta gestione della comunicazione, passando per i social media e per le piattaforme di messaggistica tra cui Whatsapp Business; quest’ultimo strumento permette di creare un account modello shop, con tanto di giorni ed orari di apertura, di caricare un catalogo, le offerte speciali, i periodi di saldo, il rilancio di concorsi per le operazioni di iscrizione, e così via, ma può essere utilizzato anche da aziende che usualmente non sono già attive a livello retail (ivi incluse quelle dei comparti industriali).

La piattaforma WeChat, oltre alla funzione di messaggistica, ha ormai sistemi di pagamento e di finanziamento proprietari (buy now, pay later), sistemi di relazione tra utenti e brand come i mini-program ovvero app interne alla piattaforma che vantano ormai 600 milioni di utenti attivi e consentono all’azienda di offrire codici-sconto, di far partecipare a momenti di gaming o di realtà aumentata; in sostanza, il brand ha a disposizione un canale preferenziale con utenti fidelizzati dalla piattaforma.

Il fenomeno LINE: in Giappone si fanno “prove di futuro”

Il punto è gestire la relazione con gli utenti in termini di massima “tracciabilità” ovvero di far fare al singolo utente il maggior numero di operazioni possibili, dall’informarsi all’intrattenersi al giocare al comprare, senza uscire dalla app; questo presuppone naturalmente che vi sia la possibilità di pagare con strumenti di pagamento/piattaforme interne nonché di dilazionare il pagamento stesso. Il motivo si intuisce: se l’utente rimane più tempo nella app è più probabile che venga coinvolto dalle iniziative e dai brand, che si lasci influenzare nell’orientarsi, e che compri sempre all’interno della app.

In Giappone, l’applicazione di messaggistica più conosciuta si chiama LINE ed è un vero e proprio caso: dopo essere riuscita a diventare lo strumento di comunicazione più usato, ha ampliato molto presto le funzioni in chiave di marketplace facilitando la relazione tra brand ed utenti, e da qualche mese ha lanciato LINE NFT, marketplace dedicato ai Non Fungible Token; al momento, offre 40.000 NFT ai suoi oltre 90 milioni di utenti, offrendo tra le opzioni di pagamento il token nativo LINK (che arriva dopo LINE Pay, già utilizzato per pagamenti sulla piattaforma) e annoverando anche opzioni che includono cryptovalute.

Si potrebbe pensare che si tratti di un fenomeno sostenuto dal fatto che la piattaforma sia attiva nel Paese dei Manga e degli Anime, in realtà invece si sta tracciando un solco importantissimo per le aziende che vendono online e per le aziende che esportano: si tratta di un modello di marketplace che prevede un alto livello di coinvolgimento e di intrattenimento dell’utente (engagement), che quindi aumenta la possibilità di vendita rispetto ad un marketplace su cui si caricano schede prodotto la cui efficacia dipende anche dalla presenza di competitor talora con fascia di prezzo più bassa, verso un numero di potenziali utenti molto alto ma anche dispersivo. Il modello comincia ad essere replicato anche da colossi dei marketplace come il gruppo Rakuten, che ha lanciato la piattaforma di trading Rakuten NFT, ma presto vedremo versioni dedicate a settori diversi.

Il metaverso sarà il “luogo” dell’esclusività o della condivisione? L’importanza della “tracciabilità del contatto”

Molti credono che il metaverso sia un progetto Meta e che si configuri quale piattaforma unica, in realtà i “metaversi” sono molteplici in quanto esistono e sono attive diverse piattaforme in settori differenti, lanciati da aziende in diversi Paesi.

Per citarne alcuni: Decentraland, The Sandbox, Zepeto, Spazio Somnium, Cryptovoxels, Spatial (questi ultimi due dedicati all’arte); in comune, hanno la creazione di uno spazio in cui “si vive un’esperienza in modalità virtuale”, eventualmente con un proprio avatar (sulla scia di SecondLife), perlopiù per obiettivi condivisi dalla comunità di utenti unici che possono andare dalla compravendita di beni immobili digitali, al gaming ed alla realtà aumentata, al fashion ed alla ricerca di uno stile, alla compravendita di arte virtuale. L’aspetto più importante è la correlazione con monete virtuali e criptovalute (da Ethereum a sistemi proprietari come nel caso di LINE che in questo ad esempio collabora con Zepeto) quindi sistemi basati sulla tecnologia blockchain.

Il metaverso probabilmente somiglierà ad una costellazione di sistemi (piattaforme) che mirano a costruire una propria comunità di utenti unici, profilati secondo preferenze ed obiettivi di partecipazione alla piattaforma, a cui verrà proposto di collegare la propria iscrizione ad un wallet virtuale la cui tecnologia sarà proprietaria o crypto-ready, comunque basata su blockchain. Le aziende, esattamente come ora accade per i social, saranno presenti su più piattaforme nel metaverso e proporranno servizi e prodotti in convenzione con i sistemi di pagamento della singola piattaforma; se oggi le aziende del beauty e del fashion collaborano con Zepeto (20 milioni di utenti mensili attivi, la piattaforma è sudcoreana ma il 90% degli utenti è di altri Paesi, l’80% del totale sono adolescenti) domani vi saranno altri competitori sui cui ripartire i budget.

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