Vino italiano: la protezione del brand passa sempre più per la blockchain

Il lavoro dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (ICQRF) mette in luce come la maggior parte delle notizie di reato in ambito agroalimentare in Italia negli ultimi anni si sia concentrata nel settore vitivinicolo. A ciò si aggiunge il tema delle contraffazioni all’estero di prodotti made in Italy tutelati, che resta ancora una problematica grave e aperta.

3 febbraio 2021

Il lavoro dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (ICQRF) mette in luce come la maggior parte delle notizie di reato in ambito agroalimentare in Italia negli ultimi anni si sia concentrata nel settore vitivinicolo. A ciò si aggiunge il tema delle contraffazioni all’estero di prodotti made in Italy tutelati, che resta ancora una problematica grave e aperta.

Quanto il fenomeno sia diffuso e persistente lo dimostra per esempio l’operazione Ghost Wine, come evidenziato nel rapporto 2019 dell’ICQRF, che ha portato a individuare quattro aziende che frodavano il mercato producendo vino di bassa qualità, venduto poi come Doc, Igt o biologico.

I dati resi pubblici dall’ICQRF parlano chiaro. Riferendosi solo al 2019, ad esempio, degli oltre 18.000 controlli svolti in ambito vitivinicolo, più di 2700 sono i casi di irregolarità relative al prodotto.

Fonte: ICQRF - Report attività Italia 2019 

Il settore del vino ha registrato 200 notizie di reato che rappresentano il 50% delle 400 registrate nell’intero settore agroalimentare.. 

E delle circa 4500 contestazioni amministrative, il vino ne ha collezionate ben oltre 2000, senza contare i quasi 300 sequestri per un valore di 280 milioni di euro.

Fonte: ICQRF - Report attività Italia 2019 

La necessità di una certificazione trasparente

L’Italia adotta un sistema di certificazione di qualità sofisticato e affidabile, tra i migliori al mondo, ma un potenziamento dello stesso, che consenta una più elevata trasparenza, andrebbe a maggior tutela anzitutto del produttore e del distributore, nonché ovviamente del consumatore finale. A tale scopo, uno strumento che può essere integrato in modo intelligente nelle filiere del vino è senz’altro la blockchain.

Anzitutto va ricordato che la blockchain è un sistema decentralizzato di stoccaggio dati: una volta inserite le informazioni relative a un certo prodotto (che possono andare dalle materie prime, alle lavorazioni, alla logistica etc.), queste escono dal controllo diretto di chi le ha immesse nel sistema e restano visibili e soprattutto inalterabili. Pertanto, ciascuna persona che desideri controllarle ha la sicurezza che non possono essere state modificate nel tempo. Quando si parla di vino, che è un prodotto complesso al palato e pochi sono gli esperti in grado di distinguere un vino di qualità da un surrogato che ne imiti le caratteristiche, avere a disposizione un tracciamento decentralizzato rappresenta un vantaggio e una tutela in più per il consumatore finale.

Tuttavia, la blockchain ha anche alcune limitazioni. Il sistema infatti non garantisce di per sé la veridicità dei dati inseriti. Il produttore o trasformatore che abbia intenzioni fraudolente può caricare informazioni fasulle o, molto più semplicemente, può darsi il caso di un errore inavvertito e in buona fede nella trasmissione delle informazioni su piattaforma blockchain. In questo caso, visto che i dati non sono più modificabili, se la rilevazione della loro incongruenza passa inosservata, permane il rischio che il consumatore sia raggiunto da informazioni inattendibili relative al prodotto.

Per far fronte almeno in parte a questa problematica è possibile integrare dei software di analisi che consentono di individuare eventuali incoerenze o mancanze. Proprio qui si evidenzia l’importanza di un ragionamento di filiera. Facciamo un esempio. Poniamo che il produttore A conferisca in cantina B un certo quantitativo di uve tracciate in blockchain. Poniamo poi che la cantina B dichiari in blockchain la produzione di una quantità di vino che non è coerente rispetto alle uve conferite. In questo caso è possibile rilevare automaticamente l’incongruenza e attivare gli organi di controllo e tutela.

Ciò lascia intuire le potenzialità della blockchain là dove coesistono più produttori, più trasformatori e più distributori. Nel caso in cui alcuni soggetti intendano adottare comportamenti illeciti che possono danneggiare altri soggetti coinvolti in filiera, un uso opportuno della blockchain aiuta a tutelare gli operatori onesti, la qual cosa va a tutto beneficio anche del consumatore finale.

La blockchain può dunque essere uno strumento efficace per la trasparenza e la tracciabilità del prodotto. Ma la sua efficacia, è opportuno precisare, aumenta se applicata in maniera cooperativa tra produttori, distributori, trasportatori, rivenditori etc. Da qui, l’importanza di agire in modo informativo e formativo sulla cultura delle aziende del settore, in chiave non solo nazionale, ma soprattutto internazionale. Infatti, saper offrire ai mercati esteri informazioni trasparenti, certe e inalterabili sul prodotto è un modo efficace di tutelare la reputazione e la qualità dei vini italiani, nonché dei marchi produttori.

Alcune soluzioni blockchain attualmente disponibili

Nel contesto della digitalizzazione in blockchain del mondo del vino, l’Italia si colloca in posizione pionieristica, dimostrando di saper mettere la creatività digitale al servizio dell’innovazione di settore, come emerge ad esempio dai seguenti tre esempi:

  • Wine Blockchain: nato dalla collaborazione della startup padovana Ez Lab ed Ernst&Young, rappresenta il primo caso al mondo di servizio blockchain applicato all’ambito del vino. La sperimentazione e implementazione è stata condotta in collaborazione con la foggiana Cantina Volpone.
  • BPPB Winechain: è un progetto della Banca Popolare di Puglia e Basilicata (BPPB), sviluppato sempre in collaborazione con EZ Lab e implementato con la Cantina Due Palme di Brindisi.
  • Italian Wine Crypto Bank (IWCB): è la prima banca del vino al mondo e ha lo scopo di promuovere i più prestigiosi vini italiani, coniugando l’operazione commerciale alla finanza legata alle criptovalute. Le cantine aderenti, i consumatori e gli investitori hanno la possibilità di acquistare, vendere o fare trading mediante token digitali che sono interamente garantiti dal valore del vino custodito dalla banca.

Oltre a questi progetti italiani, vale la pena concludere menzionando VinAssure, ideato da IBM, che ha messo a disposizione la sua Blockchain Transparent Supply per le catene di fornitura, ed eProvenance, specializzata in monitoraggio e analisi dei canali di distribuzione del vino. L’obiettivo di VinAssure è tracciare il processo produttivo dalla vite al bicchiere. Attualmente questa soluzione è stata adottata da grossi importatori e aziende vinicole statunitensi, come De Maison Selections e Ste. Michelle Wine Estates.

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