Esportare Food & Wine: leggi e normative

Per vendere prodotti alimentari e vino online all’estero è bene conoscere le normative degli altri Paesi, in particolare con riferimento all’etichettatura, alla conservazione, al packaging, alla sicurezza e igiene dei prodotti alimentari.

19 febbraio 2019

Per vendere prodotti alimentari e vino online all’estero è bene conoscere le normative degli altri Paesi, in particolare con riferimento all’etichettatura, alla conservazione, al packaging, alla sicurezza e igiene dei prodotti alimentari.

Unione Europea

Nell’Unione Europea esiste una normativa che regola le vendite a distanza, valida in tutti gli stati dell’Unione. Pertanto, chi possiede un e-commerce in Italia è già tenuto a rispettarla: approfondiremo qui di seguito solo alcuni aspetti che riguardano la normativa fiscale e gli obblighi di igiene e sicurezza relativi al settore agroalimentare.

Dal punto di vista legislativo, non vi è alcuna differenza fra negozi online e tradizionali. I rivenditori alimentari che operano solo online sono pertanto obbligati a registrarsi presso l’Autorità di Vigilanza competente. Secondo il Regolamento UE n. 178/2002, il produttore o l’importatore di prodotti alimentari da Paesi terzi sono responsabili della loro commerciabilità e delle loro condizioni igienico-sanitarie, anche in caso di vendita di alimenti prodotti da terzi.

Chi vende prodotti alimentari online ha l’obbligo di informare il consumatore, nella lingua del paese di commercializzazione, in merito alle proprietà e alle caratteristiche principali relative al prodotto, come l’aggiunta di additivi e le informazioni normalmente pubblicate in etichetta.

Gli alimenti pre-imballati venduti online hanno i medesimi obblighi di etichettatura previsti per quelli venduti nei negozi tradizionali. È essenziale assicurare un elevato livello di igiene, la continuità della catena del fresco, in caso di alimenti da consegnare freschi e la tracciabilità lungo tutta la filiera. In caso un lotto o un prodotto risultino non sicuri, gli operatori li devono richiamare e/o ritirare dal mercato e dal catalogo e-commerce.

Anche il packaging deve essere adeguato all’uso alimentare. In particolare, in Inghilterra, il cosiddetto Materials & Articles in Contact with Food (England) Regulations, raccomanda l’utilizzo di termini specifici nelle comunicazioni pubblicitarie e nel packaging, come le diciture “fresco” o “naturale” e l’utilizzo di un sistema di segnalazione “a semaforo” che comunichi la presenza di particolari ingredienti o caratteristiche (per esempio “contiene zuccheri”, “contiene grassi”).

Il settore food and beverage esclude il diritto di recesso per quei contratti a distanza relativi alla fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente.

Ai fini fiscali il commercio elettronico di prodotti agroalimentari viene qualificato come cessione di beni. Quindi, secondo la normativa europea in tema di IVA, è necessario distinguere fra transazioni B2B e transazioni B2C.

  • In caso di e-commerce B2B, una società europea deve applicare le regole generali ai fini IVA: se vende un bene all’interno dell’UE, la società venditrice non deve applicare l’IVA, mentre la società acquirente deve applicare il meccanismo dell’inversione contabile (cosiddetto reverse charge) annotando la transazione sia nei registri IVA di vendita che di acquisto e autoliquidando l’IVA.
  • In caso di e-commerce B2C, l’Europa ha sviluppato un sistema IVA per le transazioni conosciuto come “vendita a distanza” (Distance Selling). Qualora si vendano beni a privati residenti in un altro Paese europeo, è necessario registrarsi e applicare l’IVA in quel determinato Paese, solo qualora la società venditrice superi la soglia monetaria di volumi di vendita nel Paese di destinazione (Italia, Spagna e Francia 35.000 €, per l’UK 70.000 ₤ per la Germania i 100.00 €). Qualora la soglia venga superata, la società venditrice dovrà registrarsi per i soli fini IVA, e versare l’IVA in quel Paese.

L’emissione della fattura è obbligatoria nei casi di operazioni B2B, mentre nelle transazioni B2C, la fattura deve essere emessa solo se espressamente richiesta dal consumatore privato, ma devono tuttavia essere prese in considerazione talune disposizioni legislative locali.

Cina

L’apertura di un e-commerce in Cina richiede di prestare attenzione a numerosi profili legali, soprattutto dal punto di vista contrattuale: le informazioni generali circa le parti contrattuali, l’oggetto del contratto, la quantità, i requisiti qualitativi e di prezzo, il momento, il luogo e i modi di adempimento dell’obbligazione devono essere sempre fornite in maniera chiara e univoca al consumatore.

Secondo la normativa cinese a tutela del consumatore (la cosiddetta Chinese Law on the Protection of Customer Rights and Interests), gli operatori devono garantire che i beni e i servizi offerti rispondano a tutti i requisiti di sicurezza delle persone e della proprietà del prodotto. Il produttore, il venditore e la piattaforma di vendita online sono i principali responsabili dell’osservanza delle disposizioni e normative della Food Safety Law, la legge sulla sicurezza alimentare.

Nessun alimento deve essere tossico o pericoloso per la salute: devono tutti rispettare i requisiti nutrizionali e non devono causare effetti, acuti, leggeri o cronici, sulla salute dell’uomo, e le etichette devono essere precise su additivi, ingredienti, test di sicurezza e certificazioni. Produttori, operatori e venditori devono fornire sistemi di tracciabilità degli alimenti.

Le etichette di alimenti primari e secondari specifiche per neonati, bambini e altri gruppi devono anche indicare i componenti naturali principali, il loro contenuto e, nel caso, l’indicazione geneticamente modificato.

Le regole in materia di igiene previste per la vendita online sono le medesime previste per la vendita tradizionale. Soggetti che soffrono di malattie che possono compromettere la sicurezza alimentare non possono lavorare alla preparazione di cibi pronti all’uso. Inoltre, i lavoratori dell’ambito agroalimentare, devono sottostare a controlli di salute annuali e ottenere una certificazione.

I provider di piattaforme terze per la vendita di prodotti alimentari online devono registrare il vero nome degli operatori food che usano tali piattaforme, specificare le responsabilità di ciascun operatore in tema di food safety management, e verificare la validità delle loro licenze. Se il provider di una piattaforma terza rileva una violazione, è tenuto a correggerla, a denunciarla e, in caso di violazioni gravi, a interrompere il servizio.

L’e-commerce in Cina viene condotto attraverso due modalità: piattaforme online registrate fuori dalla Cina o piattaforme online registrate in Cina:

  • l’acquisto di beni secondo il primo modello è tassato in relazione al “postal tax system” a meno che la società straniera non abbia un proprio sistema di logistica
  • gli acquisti effettuati nel secondo modello sono solitamente tassati secondo la normativa sull’e-commerce transfrontaliero. Se una società straniera opera attraverso una piattaforma registrata al di fuori della Cina, non sarà soggetta all’imposta sul reddito cinese.

La politica fiscale/doganale per l’e-commerce B2C transfrontaliero in vigore dall’8 aprile 2016 e aggiornata a fine 2018, consente di applicare un’aliquota di dazio nulle se il valore dei beni acquistati è inferiore a 5.000 yuan (circa 650 euro) per singolo ordine, e se il totale degli ordini effettuati da un singolo utente in un anno è inferiore a 26.000 yuan (circa 3.300 euro).

Saranno invece dovute l’IVA sulle importazioni e le accise, denominate in Cina “imposta di consumo”, per un valore pari al 70% delle aliquote ordinarie. Anche la franchigia doganale è stata abolita.

Stati Uniti

Negli USA, la vendita di prodotti alimentari via internet è regolata sia a livello federale sia a livello statale. Al fine di ottenere licenze e permessi, i retailer e gli operatori del settore devono soddisfare entrambe le normative, rispettando gli obblighi previsti in tema di igiene e sicurezza. Tutte le aziende straniere che producano, processino, impacchettino, o detengano cibo o sostanze alimentari devono essere registrate secondo i requisiti posti dalla FDA (Food & Drug Administration), a meno di specifiche esenzioni previste dalla legge. In linea generale, i retailer devono rispettare gli standard alimentari come definiti dall’FDA (più di 300 standard di identificazione alimentare in oltre 25 categorie alimentari).

I requisiti in tema di etichettatura e packaging vengono stabiliti dalla FDA, che ha il compito di controllare che il materiale utilizzato per le confezioni non contamini in alcun modo gli alimenti. Inoltre, il Center for Food Safety and Applied Nutrition (CFSAN) verifica la sicurezza di qualsiasi packaging che entri in contatto diretto con il cibo. Nel Code of Federal Regulation (C.F.R.) vengono enumerati i materiali autorizzati a entrare in contatto con i prodotti alimentari.

In tema di etichettatura, l’etichetta di un prodotto alimentare deve contenere informazioni specifiche, facilmente leggibili, comprensibili e veritiere in lingua inglese: ingredienti, additivi e coloranti, informazioni nutrizionali. Etichette errate o incomplete sono tra le ragioni principali di divieto d’ingresso negli USA di determinati prodotti alimentari e di sanzioni e multe.

Ciascun retailer deve essere in grado di rintracciare il soggetto, a lui immediatamente precedente, da cui ha origine o da cui proviene il prodotto alimentare. Obblighi e requisiti di tracciabilità o di registrazione della fonte possono variare a seconda del tipo di alimento.

Le operazioni di importazione di beni negli USA sono soggette a specifici adempimenti doganali, come la presentazione di determinati documenti entro 15 giorni dall’arrivo al porto di sbarco necessari per lo sdoganamento dei beni, per il pagamento dei dazi e per l’elaborazione delle statistiche. Tutti questi documenti possono essere inviati tramite l’Automated Broker Interface (ABI). Inoltre, tutte le merci che vengono importate negli USA sono soggette al pagamento di dazi il cui ammontare varia a seconda della classificazione delle merci stabilita nella Harmonized Tariff Schedule, in base al valore della merce, al peso o a entrambi.

In generale, le tariffe applicate all’importazione beneficiano del trattamento della nazione più favorita (“normal trade relations”); se il Paese d’origine però non è elencato tra quelli che godono di questo trattamento, saranno soggette alle tariffe piene. Allo stesso tempo è possibile che le merci importate subiscano l’imposizione di ulteriori dazi: il dazio antidumping e il dazio compensativo. Dal 1998, le dogane statunitensi hanno introdotto un sistema, chiamato ACS Reconciliation Prototype, che permette all'importatore di effettuare l'importazione quando ancora non tutte le informazioni richieste per una corretta determinazione del dazio sono disponibili, facendo una stima del dazio dovuto basata sulla buona fede e riconciliando entro 15 mesi i pagamenti in eccesso o in difetto.

Alcune categorie di prodotti sono soggette a restrizioni per quanto riguarda l’importazione negli Stati Uniti: fra queste categorie di prodotti rientrano anche le bevande alcoliche, animali e prodotti da essi derivati, medicinali, piante, frutta, carne, latte, latticini e prodotti caseari, pollame e ortaggi.

Tutti i prodotti alimentari, ad eccezione del pollame e della maggior parte delle carni, sono soggetti all'esame della FDA. Gli alimenti importati devono essere sicuri e prodotti in adeguate condizioni sanitarie. La FDA deve essere informata di tutti i prodotti alimentari regolarmente importati negli Stati Uniti ed è chiamata a deciderne l'ammissibilità. Se questa non intende esaminare i prodotti, essi possono liberamente entrare in commercio negli Stati Uniti. In caso contrario, vengono raccolti campioni per la valutazione di laboratorio e l’importatore deve astenersi dal commercializzare la merce e trattenerla in dogana finché la FDA non comunica il risultato.

In caso di violazione di tale disposizione, la FDA pubblicherà un Avviso di Detenzione e Udienza, specificando le modalità (luogo e tempo) con cui il proprietario o depositario del bene potrà presentare, verbalmente o per iscritto, la propria testimonianza. Questi può, comunque, sottoporre una domanda alla FDA per conformare l'articolo agli standard richiesti. Se, in seguito agli accertamenti, la merce viene ugualmente rifiutata, l’importatore (o il depositario) sarà costretto a riesportarlo nel paese di provenienza o a distruggerlo.

Negli Stati Uniti d’America non è presente l’IVA in quanto esiste una “Sales and Use Tax”, ovvero un’imposta pagata dal consumatore finale sull’acquisto di beni.  La Sales Tax trova applicazione nella vendita di beni fisici, eccetto alcune specifiche esenzioni previste dalla normativa di ciascuno Stato, mentre non viene solitamente applicata alle prestazioni di servizi tranne alcuni casi previsti dalla normativa di ciascuno Stato.

La soglia monetaria di volumi per la vendita a distanza risulta essere così bassa che spesso si assume che sia superata. Qualora sia superata, la società dovrà rispettare gli obblighi tributari vigenti nei diversi Stati. Se una società non ha una Stabile Organizzazione negli Stati Uniti d’America, potrà comunque essere soggetta alla Sales Tax in uno o più Stati, in quanto gli Stati generalmente non riconoscono i trattati internazionali nell’applicazione dei tributi locali. Le società europee che superano la soglia di vendita a distanza dovranno rispettare gli obblighi tributari vigenti in quel determinato Stato.

Non vi sono specifici obblighi legali per l’emissione della fattura negli Stati Uniti. Tuttavia, è auspicabile emettere fattura indicando l’importo, i termini di pagamento e ogni ulteriore informazione o temine contrattuale.

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